Il successo del primo appuntamento e l’esplosione in Italia

Il nostro primo incontro fu davvero un successo, tanti volontari e tante famiglie interessate. Su uncittà ne raccontarono il risultato con queste parole:

IMG_1742E’ stato un grande successo di pubblico e partecipazione il primo appuntamento di Coder Dojo a Firenze, evento che si è svolto lo scorso sabato 28 Aprilepresso la sede dell’ArtViva Walking Tours, seguito anche da Unicitta.it – media partner dell’iniziativa – con una diretta streaming molto seguita  dagli utenti.

Venti giovanissimi (tutti tra gli 8 e i 13 anni, esclusi un outsider di 6 e due giovani di 16 anni) hanno affrontato la prima sessione di programmazione organizzata del gruppo fiorentino, rimanendo incollati per quasi tre ore al proprio schermo creando la prima pagina web della propria vita. Tante foto di animali e tanti cuoricini, tante scritte in movimento e messaggi più o meno criptici, il tutto  realizzato partendo da un programmino come Notepad++ ed imparando cosa vuol dire <body> o “img src”: nulla è troppo difficile se permette di costruire qualcosa che si mostrerà poi ai propri amici.

E’ stato Bill Liao in persona – fondatore del movimento internazionale – a dare il via al corso e ad introdurre i primi rudimenti di codice, ricordando prima di tutto le due regole fondamentali: Be cool! (che per quanto si voglia, tradotto non renderà mai giustizia) e “oggi avete il permesso, se i genitori si avvicinano alla tastiera, di schiaffeggiargli le mani: tocca solo a voi“.

L’evento è stato possibile grazie ad una sinergia di forze tra volontari, privati ed istituzioni: Giuseppe Tempestini, un giovane ventisettenne appassionato di Social Media, coordina il gruppo di coders volontari che hanno messo a disposizione il proprio tempo,  ma l’evento è stato possibile anche grazie al Comune di Firenze (che ha fornito il patrocinio e il supporto della rete WiFi del comune), al Consolato americano di Firenze (che ha fornito i tavoli per i bambini partecipando anche con il console in persona alla giornata di sabato) e soprattutto grazie a Pier testa e Rose Magers, titolari dell’ArtViva Walking Tours che hanno ospitato bambini, genitori ed organizzatori nella loro sede  per questo primo appuntamento.

A distanza di qualche mese e dopo l’apertura di altri dojo in tutta italia anche Repubblica si interessò del fenomeno, con questo articolo di Silvio Gulizia che ha presentato il progetto ai lettori di tutta italia:

155739011-c079fdcc-963c-402d-935a-c37c143bc2bdCoderDojo è un movimento internazionale nato in Irlanda nel 2011 per insegnare a bambini e ragazzi dai 4 ai 17 anni a programmare. In Italia il primo dojo è stato fondato un anno fa a Firenze dal social media advisor Giuseppe Tempestini. Poi è partita Milano, oggi la struttura meglio organizzata, con un evento al mese in calendario (il prossimo sarà il 20 aprile). Sardegna e Catania hanno già un team ufficiale e dalla Romagna hanno contattato Milano per informazioni. Nel mondo ci sono oltre 130 dojo in 22 paesi. Il 13enne irlandese Harry Moran, grazie al supporto del dojo di Cork, ha sviluppato un’app, Pizzabot, che è riuscita a superare Angry Birds nella classifica settimanale di quelle più vendute su iOS. Il dodicenne Shane Curran di Dublino ha invece creato un’app per gestire sistemi bibliotecari tramite uno smartphone usato come scanner di codici ISBN.

CoderDojo è nato come associazione non profit per opera del 19enne studente irlandese James Whelan, dopo che questi ricevette una certa visibilità per aver hackerato l’iPod Nano. Su richiesta di alcuni compagni di scuola, Whelan cominciò a insegnare HTML e CSS (linguaggi informatici che definiscono la formattazione delle pagine web) all’interno di un gruppo che si riuniva nel suo istituto a Cork. L’incontro con Bill Liao, cofondatore del social network professionale Xing, diede visibilità al progetto che crebbe al punto da attirare studenti da Dublino. Fu così che nacque l’iniziativa dei dojo. Ogni dojo è animato da volontari che hanno a disposizione un wiki per avviare il progetto e si confrontano con la comunità internazionale. Nei dojo si utilizzano software sviluppati dal MIT di Boston, da Google e Mozilla per creare animazioni e giochi in maniera visuale, disegnare pagine web e sviluppare app trascinando oggetti da una finestra all’altra. Si fanno anche incontri con persone del mondo tech e si organizzano visite nella aziende del settore. 

Lo sbarco in Italia. “Programmare significa insegnare a una macchina a far qualcosa”, sottolinea Sala. “Che tu lo faccia scrivendo codice o trascinando oggetti l’importante è creare qualcosa di tuo”. CoderDojo ha una sola regola: “Soprattutto, essere cool. Bullismo, bugie e far perdere tempo alla gente non sono cose cool”. Sala ha cominciato a occuparsi del progetto dopo che suo figlio gli aveva chiesto aiuto per creare un videogame. Prima ha cercato un programma per farlo, lo ha studiato, ha creato un primo gioco e poi ha spiegato al figlio come fare. Questo ci è riuscito in addirittura meno tempo del padre. Così si svolgono le lezioni nei dojo: un adulto spiega il gioco, cioè le regole per creare i programmi, e i bambini poi lavorano alla creazione di ciò che vogliono. Per certi versi si tratta dell’applicazione di quel metodo Montessori alla base dell’istruzione di molte persone che con la tecnologia ci sanno fare, come i fondatori di Google, Amazon o Wikipedia. “In giro c’è molta diffidenza verso i computer, mentre sono strumenti per aumentare la creatività dei nostri figli”, sottolinea Giordano Scalzo, programmatore 43enne fra i promotori di dojo meneghino insieme alla pedagogista Barbara Laura Alaimo e Marco Faedo. “Se mi avessero raccontato cosa questi bambini sarebbero stati in grado di realizzare non ci avrei creduto – racconta Scalzo – In un paio di ore sono in grado di apprendere la programmazione a livelli, la gestione delle immagini in movimento, degli eventi e l’interazione di questi con i suoni”.

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